FINE '800 E INIZIO '900


Problemi politico-sociali dell'Italia unita
Dopo aver realizzato l'unità territoriale si pongono alcuni problemi come la realizzazione di un ordinamento unitario, di una corretta democrazia e di una coscienza nazionale.
Uno dei problemi della neonata nazione è il brigantaggio causato anche dal mancato coinvolgimento delle masse e dalla mancata rivoluzione sociale. Il governo ovvia al problema con l'intervento dell'esercito, esecuzioni e arresti.
Il brigantaggio è una delle problematiche riguardanti la "questione meridionale" causata dal sottosviluppo del sud rispetto al nord d'Italia.
L'uso della violenza contro il brigantaggio evidenziarono le manifestazione di uno stato autoritario, come conseguenza allo scarso liberalismo dello Statuto albertino ed alla scarsa partecipazione democratica.
Tra gli intellettuali si diffonde una sorta di "delusione risorgimentale" caratterizzata dalla nostalgia del passato eroiche, dal disprezzo del presente grigio e dall'antiparlamentarismo.
Negli ultimi decenni dell'800 si ha un susseguirsi di governi, dal '70 si parla di sinistra al governo, ma non vi sono basi che la differenzino dalla destra.
Con la nascita del partito socialista si ha un valido organismo di opposizione che tentava di incanalare nella politica il malessere delle classi subalterne e testimoniava un impegno di rinnovamento.
Nel frattempo intere famiglie abbandonano le aree depresse ed emigrano in America.
Agli inizi del '900 con l'avvento di Giolitti si verificano cambiamenti nella politica italiana. Vi è infatti una conciliazione tra il movimento socialista e il liberalismo. Le nuove riforme e lo sviluppo industriale danno l'illusione che l'Italia sia una grande potenza. Ciò alimenta l'opposizione della destra che mira a uno stato forte e a una politica di potenza. Vi è anche un'opposizione della sinistra che si oppone ai miti imperialisti e all'espansione coloniale.
Oltre l'orizzonte nazionale
In tutta Europa avviene un passaggio dal capitalismo concorrenziale al capitalismo monopolistico.
Si diffondono inoltre i miti imperialistici legati soprattutto al colonialismo.
In Inghilterra ciò viene visto come missione imperiale britannica.
In Germania la vittoria della guerra franco-prussiana e la conseguente euforia causa un'esaltazione della potenza.
La stessa guerra, vista dagli sconfitti, causa in Francia lo sviluppo del nazionalismo e un sentimento di rivincita.
Il positivismo
Il positivismo si sviluppò nella prima parte della seconda metà dell'800.
Vuole servirsi del progresso scientifico per la comprensione dell'uomo e della sua vita. La razionalità scientifica viene assunta come modello del sapere, ciò perché la scienza si basa sui fatti e non su intuizioni irrazionali e confuse. Dal chiedersi il "perché" dell'esistenza delle cose, si passa a chiedersi il "come" esse sono e quali leggi ne regolano il comportamento.
Il positivismo riduce a leggi i comportamenti umani.
Il positivismo è connesso alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Freud
Le innovazioni scientifiche investirono anche la psicologia. Freud scoprì la psicanalisi studiando e dando importanza al subconscio. Freud scopre l'inconscio ovvero i bisogni e le pulsioni primitive essenziali, che vengono mascherati con l'educazione e le regole.
Le teorie di Freud influenzarono la produzione letteraria.
Lingua e società nell'Italia unita
Fatta l'Italia, bisognava fare gli italiani: si apriva così anche il dibattito sulla questione linguistica.
Manzoni proponeva il fiorentino come linguaggio nazionale e quindi di ricercare la soluzione immergendosi nella popolarità fiorentina. Ascoli gli rimproverò che la Toscana come ogni regione aveva avuto uno sviluppo socio-culturale autonomo. Ascoli risolse teoricamente la questione proponendo la diffusione della cultura e di favorire momenti di vita collettiva ed unitaria.
Il tempo la risolse sul piano pratico.
L'unificazione amministrativa, la Grande Guerra, l'industrializzazione, l'emigrazione e la diffusione della televisione favorirono l'unificazione linguistica.
Sul piano linguistico l'accentramento e l'unificazione dell'amministrazione e quindi la burocrazia favorirono la diffusione della lingua comune.
Il servizio militare e il conseguente spostamento di giovani del Sud al Nord e viceversa, quindi l'entrare in contatto con altre culture favorirono l'unificazione della lingua.
L'emigrazione e le realtà culturali straniere fecero capire agli emigranti l'importanza dell'istruzione. Maggiori effetti ebbero le migrazioni interne.
La scapigliatura
La Scapigliatura non è una scuola o un movimento organizzato, con una poetica comune, ma consiste in un gruppo di scrittori che vivono nello stesso periodo, gli anni '60-'70, e negli stessi ambienti (Milano, Torino e Genova), e che sono accomunati da un'insofferenza per le convenzioni della letteratura contemporanea.
Il termine "scapigliatura" fu proposto da Cletto Arrighi nel suo romanzo "La Scapigliatura e il 6 febbraio" a designare un gruppo di spostati e ribelli alla loro classe di provenienza, che amavano vivere in maniera disordinata.
Con il gruppo degli scapigliati compare per la prima volta nella cultura italiana dell'Ottocento il conflitto tra artista e società; precedentemente gli intellettuali italiani non avevano ancora un preciso ruolo sociale nel processo risorgimentale, come guide ideologiche e morali della nazione e come propugnatori dei valori patriottici.
Il primo obiettivo polemico contro il quale si scatena la contestazione degli scrittori scapigliati è il moderatismo del tardo romanticismo italiano, insieme con l'esteriorità, la superficialità.
Contemporaneamente sul piano civile sono messi sotto accusa il conservatorismo degli orizzonti politici e il moralismo ipocrita delle classi dirigenti.
Gli scapigliati avvertono la necessità di fissare lo sguardo sulla realtà concreta del mondo che li circonda, rifiutando ogni finzione ottimistica. Questa realtà appare loro non più come un tutto organico, avviato verso uno sviluppo progressivo, bensì come un insieme frantumato e incoerente, insidiato dal male e dal disordine. Di qui l'insistenza con cui rappresentano situazioni strane, bizzarre, dense di inquietudine.
Per quanto riguarda l'artista e la sua posizione nella società contemporanea, rifiutano ogni presunzione di essenzialità e di centralità per tale ruolo, anzi lo ritengono estraneo e marginale in un mondo dedito alla corsa verso la ricchezza e lo sviluppo materiale. Respingono anche l'idea tradizionale della bellezza, scoprono il legame del bello con l'orrendo, bruciano le loro vite in attività ed esperienze contrarie ai cosiddetti buoni costumi. Al tempo stesso, però, esprimono nostalgia dei valori antichi e di forze ideali, che valgano a riscattarli dalla loro misera esistenza.
Il naturalismo
Dopo il 1850, gli intellettuali e prima di tutto i letterati e gli artisti, spinti dal desiderio di conoscenza del vero, furono portati a rappresentare la realtà esterna con concretezza e con il minimo di deformazioni soggettive. L'esperienza maggiore fu il Naturalismo francese, che propose una letteratura oggettiva, senza introduzioni liriche o autobiografiche, concentrata sul dialogo fra i personaggi calati nel loro ambiente. Interprete di spicco del naturalismo letterario francese fu Emile Zola, la cui partecipazione alle vicende degli operai e dei piccole borghesi di vita suburbana narrate nel Germinale non erano disgiunti dalla personale partecipazione nell'accusa dei biechi conformismi e ipocrisie della sua società.
Il verismo
Il verismo fu come una scuola in cui le tendenze del naturalismo fornirono le chiavi per l'interpretazione della realtà e che ebbe leggi poetiche e precise. Si accetta la concezione deterministica dell'agire umano e si respinge quella moralistica.
Verga affermò che l'oggetto della letteratura sono i documenti umani, cioè fatti veri e che l'analisi di questi documenti deve essere fatta con scrupolo scientifico; è un dovere di obiettività.
Ovvero lo scrittore non deve intromettersi nel racconto e deve frenare la sua passionalità.
È presente inoltre una visione negativa della realtà sociale, una sfiducia nel progresso come possibile mezzo di soluzione dei problemi. Per Verga, nei Malavoglia, il progresso diventa un meccanismo che stritola i più deboli e viene focalizzata l'attenzione sui vinti
Il decadentismo
Il decadentismo è una fase storico-culturale del primo decennio del '900.
Il motivo di fondo del decadentismo è l'irrazionalità della realtà.
C'è inoltre il rifiuto del positivismo: la scienza non porta alla vera realtà, perché al di là di essa c'è il mistero, solo rinunciando al razionale si giunge all'ignoto. Infatti un senso del mistero avvolge la natura, l'uomo e i loro destini. Descrivono l'interiorità umana come un abisso misterioso e insondabile, della quale mettono a nudo debolezze e perversioni senza però puntare a curarle con pretese scientifiche.
Nell'ottica decadente il poeta deve farsi Veggente, vede dove l'uomo normale non vede.
L'arte viene vista solamente come esperienza illuminante, si sottrae alla morale e rivendica la propria autonomia. Secondo Oscar Wilde l'arte è da contemplare perché non ha uno scopo morale, ovvero è inutile.
Con il simbolismo, il linguaggio della realtà e della natura viene visto come linguaggio misterioso e simbolico che il poeta deve interpretare e svelare.
Con l'estetismo si intrecciano vari motivi: la dedizione alla bellezza e all'arte come supremo fine della propria vita è un ideale di raffinatezza schifiltosa di personaggi che rifiutano la realtà della nuova società borghese e dei valori di massa, chiudendosi in mondi separati e protendendosi nostalgicamente verso età di aristocratica raffinatezza; a ciò però si affiancarono lo slancio avventuristico e la ricerca del gesto eroico.
L'eroe decadente è un personaggio inquieto, tormentato, deluso dal mondo, avverso alla dominante società borghese, incapace di vivere normalmente, inetto, malato, capace di svelare le proprie e le altrui meschinità e compromessi morali.
La rifondazione della poesia in area francese
Nel 1857 pubblicando la raccolta di liriche "Les fleurs du mal", Baudelaire avvia una sorta di rifondazione della poesia. Baudelaire approfondisce il male che mette in crisi l'uomo moderno, come l'incapacità di adeguarsi alle regole di vita di un mondo volgare e banale. L'ideale di bellezza che propone non è puramente estetista ma associa elementi infernali e celesti, come contraddizione della condizione umana. Esalta i valori del mondo interiore, opposto alla decadenza del mondo esterno mediocre. Inoltre evidenzia la pena di vivere e il conflitto tra materia e spirito, aprendo spiragli sul mistero del mondo. La raccolta parte da un'opposizione tra il bene e il male e sfocia in inedita inquietudine perché l'opera non si risolve in prediche o moralismi ma da luogo all'intrecciarsi di bene e male dove quasi si confondono. Boudelaire infatti mescola insieme l'ideale ovvero l'aspirazione umana all'infinito e lo spleen ovvero l'effetto più doloroso del peccato e del male. Ideale e dolore non sono antitetici bensì convivono. Inoltre invita alla scoperta del nuovo.
Nella stessa direzione si mosse Rimbaud che si diede a una vita sregolata ed esprimette rancore per la società borghese da cui era stato educato. Egli imprime una svolta decisiva: la poesia comincia dove la realtà finisce, il suo regno è il profondo, ogni parola è da reinventare al di là del suo normale valore di comunicazione. Secondo lui la poesia può nascere dal disordine di tutti i sensi.
Il romanzo del novecento
Nel romanzo novecentesco si ha una crescente lacerazione tra personaggio e società. Ma mentre in passato vi era la presenza di personaggi che lottano contro la società, ora i personaggi, pur mantenendo la stessa avversità per la società, assumono una vocazione alla rinuncia, alla fuga, alla passività, all'inettitudine. Ciò mette in luce l'angoscia per la non conoscenza del reale e i personaggi giungono a denunciare la loro estraneità al reale.
Viene proposta una nuova concezione del tempo: un tempo esteriore, puramente cronologico e un tempo interiore.
Viene spesso adottata la soluzione del narratore interno in prima persona