L'ECONOMIA DELL'ITALIA FASCISTA
Le conseguenze della crisi si intrecciarono con gli effetti di
quota 90 e causarono un rallentamento della crescita economica in
Italia.
La crisi economica
La disoccupazione e la riduzione degli stipendi indebolirono il
mercato interno, mentre le esportazioni e i flussi di capitali
esteri furono colpiti dalla paralisi del commercio mondiale.
Il settore agricolo non riuscì a modernizzarsi e tornò a forme
arretrate basate sull'autoconsumo.
In questa situazione il regime impose un sistema economico
centralizzato con il quale era lo stato a gestire intere branche
produttive e a controllare il sistema bancario attraverso un
proprio ente di gestione, l'Iri, istituto per la ricostruzione
industriale.
L'autarchia
Il dirigismo del regime fu accentuato dall'intensificazione del
protezionismo con lo scopo di raggiungere l'autosufficienza
sostituendo le importazioni con merci di produzione italiana.
Ciò prese il nome di autarchia e fu inaugurato nel 1936 come
reazione alla crisi.
L'autarchia rappresentava l'economia fascista basata sul
corporativismo, che nel caso fascista subordinava lavoratori e
datori di lavoro al superiore interesse della nazione.
Con il dirigismo economico, lo stato italiano riuscì a superare
la crisi salvaguardando le rendite e favorì la concentrazione di
capitali in mano a pochi grandi industriali.
L'imperialismo
Per rilanciare l'economia nazionale, nel 1935, Mussolini dichiara
guerra all'Etiopia. Il pretesto furono alcuni incidenti di
frontiera ma in realtà l'Etiopia faceva parte delle mire
espansionistiche italiane. Eritrea, Etiopia e Somalia entrarono a
far parte dell'Africa orientale italiana.
Il 9 maggio fu proclamato l'impero.
La politica estera del fascismo
La conquista dell'Etiopia era servita anche per ragioni
economiche e per riavere i consensi popolari, pubblicizzando
questa guerra come la necessità di "un posto al sole".
In Europa Mussolini appoggio tutti i movimenti nazionalisti di
stampo fascista.
La politica estera fascista mirava soprattutto ai seguenti
obbiettivi:
- isolare la Jugoslavia
- arginare l'influenza francese
- avvicinare la Gran Bretagna e gli Stati Uniti
I timori per la crescente potenza della Germania spinsero
Mussolini a fare da mediatore tra la Germania e la Francia e la
Gran Bretagna.
Nel frattempo era avvenuta la riconquista della Libia da parte
dell'Italia.
Inoltre dopo aver stabilito l'Albania proprio protettorato, aver
stabilito la proprio sovranità su Fiume e aver fatto dei tratti
con alcuni stati danubiani, aveva aumentato la propria influenza
sull'area balcanica.
La conquista dell'Etiopia e le conseguenti sanzioni avevano
allontanato l'Italia dalle grandi democrazia europee e l'avevano
avvicinata alla Germania nazista, con la quale nel 1936 strinse
accordi con l'Asse Roma-Berlino.
L'alleanza diede il suo appoggio a Francisco Franco in Spagna.
In seguito l'Italia aderì al patto anticomintern con Germania e
Giappone.
La fascistizzazione della società
Con i patti lateranensi siglati nel 1929 crebbe l'appoggio della
chiesa al fascismo.
Essi posero fine alla questione romana, garantendo l'indipendenza
dello stato Vaticano sul quale il papa esercitava la sovranità.
In cambio la Chiesa riconosceva lo stato italiano con Roma
capitale e con la religione cattolica come religione di stato.
Subito dopo vennero indette le elezione ove la nuova riforma
imponeva ai cittadini di respingere o approvare la lista
predisposta dal Gran consiglio del fascismo. Il risultato fu
favorevole al regime.
Le tensioni sociali indussero il regime a costituire mutue,
pensioni, organismi di assistenza e previdenza sociale; in
seguito si aggiunsero assegni familiari e premi per ex
combattenti e capi di famiglia con prole numerosa.
La politica sociale servì al consolidamento del regime.
Successivamente vennero create organizzazioni giovanili come i
balilla e organizzazioni di lavoro come l'Opera nazionale
dopolavoro. Venne poi attuata la riforma scolastica: i libri di
testo furono sostituiti con il testo unico di stato e i
professori dovettero giurare fedeltà al regime.
Ci fu anche la creazione di istituti di cultura.
La stampa fu posta sotto l'influenza di Mussolini, il cinema fu
sottoposto a stretta censura e monopolizzato dall'Istituto Luce.
L'Ovra, la polizia segreta reprimeva le manifestazioni di
dissenso.
Sotto il regime fascista si accelerarono i processi di
modernizzazione della società italiana. Si ebbe un lieve
sviluppo industriale e la questione meridionale portò a un
progressivo spostamento dal sud verso nord e all'abbandono delle
campagne.
Ci fu un miglioramento delle condizioni di vita nelle città, ma
nelle campagne erano diffuse povertà e arretratezza; ciò
accentuo il divario sociale tra Italia e Europa.