BARBAROSSA

"Barbarossa" è l'ultimo lavoro di Renzo Martinelli, che stavolta si cimenta con un kolossal in costume. Il film vorrebbe essere una celebrazione della lotta per la libertà delle città della Lega Lombarda (l'originale, non il partito politico) contro l'Impero e i suoi emissari. Il film copre un arco di circa vent'anni: si apre con Alberto da Giussano, un ragazzino figlio di un fabbro, che durante una battuta di caccia al cinghiale salva la vita all'imperatore Federico di Hohenstaufen, detto il Barbarossa (Rutger Hauer), ricevendone come ringraziamento un prezioso pugnale. Si va poi avanti di alcuni anni: Alberto (Raz Degan) come il padre sa ora fabbricare e maneggiare le armi con maestria, ma per evitare delle gabelle accessorie lui e suoi famigliari le contrabbandano da Milano attraverso il territorio Lodigiano; durante uno di questi viaggi di frodo hanno uno scontro con le guardie di Lodi che rappresenterà un "casus belli" tra le due città. I Lodigiani chiedono l'aiuto del Barbarossa che scende in Italia cogliendo l'occasione per imporre il proprio dominio assoluto sui comuni. Tra i Milanesi c'è chi sarebbe disposto a sottomettersi, come il nobile Siniscalco Barozzi (F. Murray Abraham), ma i consoli decidono la resistenza ad oltranza, col risultato che la città assediata viene presa e rasa al suolo. Gli abitanti della città distrutta sono così costretti ad andare raminghi nel territorio circostante, finché non emergono dei nuovi condottieri decisi a rifondare Milano e ad instaurare un'alleanza tra i vari comuni per far fronte al nemico. Tra questi vi è proprio Alberto da Giussano, che fonda una compagnia di cavalieri (la Compagnia della Morte) che coadiuvino l'esercito della Lega. In questo frangente Alberto va a ritrovare anche il suo antico amore, Eleonora (Kasia Smutniak), una ragazza creduta una mezza strega perché colpita da bambina da un fulmine e sopravvissuta. I toni epici ci sono (anche se la battaglia di Legnano avrebbe meritato un impiego di comparse molto maggiori per le scene di combattimento), ma il rischio, quando si fanno operazioni di questo tipo, è di travisare la storicità dei fatti: le città lombarde (vedere la lezione VII del corso di storia micronazionale dell'Università Imperiale) non intendevano affatto negare la legittimità dell'imperatore "tedesco", ma solo rivendicare il diritto a scegliere i propri amministratori in completa autonomia.