DIABOLIK


Uscito nel 1968, rimane tuttora l’unico film cinematografico dedicato al personaggio creato da Angela e Luciana Giussani (se si esclude la parodia Totò Diabolicus di pochi anni prima). La storia ricalca lo schema di molti dei suoi albi a fumetti: il celebre ladro inafferrabile, col solo aiuto della sua affascinante compagna Eva Kant, effettua audaci colpi e scatena polizia e organizzazioni malavitose sulle proprie tracce. Diabolik è l’attore britannico John Philip Law: alto, con un fisico longilineo muscoloso ma nel contempo asciutto, era l’ideale per il personaggio. L’attaccatura dei capelli non era quella classica a punta, ma si è rimediato con un taglio che rendesse l’idea. Peccato che abbia pochissime battute sulla bocca (scordatevi perciò i lunghissimi riepiloghi che nelle storie a fumetti fa assieme ad Eva). L’eterno rivale di Diabolik, l’ispettore Ginko della polizia di Clerville, è Michel Piccoli: poco rassomigliante, ma la sua recitazione è comunque convincente. Il boss malavitoso Ralph Valmont è il nostro grande Adolfo Celi: non lo si vedeva così “cattivo” da Agente 007 Thunderball: Operazione Tuono. Eva Kant è interpretata dall’austriaca Marisa Mell: e qui veniamo alla nota dolente. La Mell non ha niente dell’eleganza che era la caratteristica principale del personaggio (e questo non solo per il portamento, ma anche per l’acconciatura e gli abiti fin troppo succinti che veste): ha in comune solo il fatto di essere bella e bionda. Inizialmente era stata scelta per la parte Catherine Deneuve, che però abbandonò il set ancor prima che iniziasse le riprese. Delle atmosfere noir del fumetto si ritrova abbastanza poco nel film: in compenso si respira molto un’aria “anni 60”, fatta di dolce vita, di psichedelia, di abiti dai colori sgargianti secondo la moda del tempo. Il rifugio di Diabolik ed Eva, poi, non è un anonimo villino, ma una reggia sotterranea quasi fantascientifica. In linea con quest’atmosfera è pure la colonna sonora di Ennio Morricone, un po’ diversa dalle sue solite, ma non meno notevole. Bisogna menzionare la bravura del regista Mario Bava, che è anche uno dei maestri dell’horror all’italiana, eccezionale nel realizzare film a basso costo: la pellicola fu girata interamente in Italia, ma, per dare l’idea di trovarsi nello stato immaginario di Clerville (che scimmiotta certe zone della Francia) riuscì a “rendere anonimi” i luoghi dei set inquadrando solo quello che voleva che si vedesse. In definitiva, per lo spettatore smaliziato di oggi questa storia è forse un po’ ingenua, ma rimane tuttavia godibile. I fan di Diabolik (come il sottoscritto) resteranno all’inizio più che perplessi, ma dopo almeno un’altra visione avranno modo di apprezzare l’opera.