ARCH ENEMY - DOOMSDAY MACHINE

Gli Arch Enemy sono una delle band più importanti dell'attuale panorama Death-Trash Metal mondiale, e anche una delle più pittoresche: sarà per la presenza dei due fratelli Amott, che imbastiscono un riffing demoniaco, tecnico e micidiale, oppure dalla splendida Angela Grossow, indemoniata cantante che, a dispetto del suo incantevole aspetto (scusate la filastrocca) sfondera un growl devastante che compete, ed in certi casi supera, i più navigati growler maschi. La badn viene affiancata in questa ultima fatica da Daniel Erlandsson la cui batteria è coinvolta al cento per cento nei continui cambi di tempo e dinamica. Il disco si apre con un intro, Enter the Machine, completamente strumentale, che è un'anticipazione di quello che accadrà andando avanti con l'ascolto. Tacking Back MY Soul e Nemesis aprono dunque il disco col piede giusto: gli svedesi picchiano duro, lasciando spazio ad "anthem" nei ritornelli dalla potenza devastante. Il riff iniziale della terza traccia è degno dello speed metal più al cardiopalma e il testo è una magnificenza di cattiveria ed autocoscienza del proprio ruolo di "antagonisti" del mondo, in perfetto stile Death-Trash. Con My Apocalypse gli Arch Enemy mettono in campo un po' di elettronica (come i cupi "sonar" che si sentono in ogni ritornello ed in ogni stacco) e rallentano i ritmi precedenti donandoci una canzone monolitica e possente. Carry the Gloss in apertura ricorda un po' "jihad" degli Slayer, anche se le somiglianze si fermano qua... ormai l'apocalisse è vicina e l'arpeggio discordante dell'Amott maggiore lascia spazio ad un ritornello urlato a più non posso dalla formosa cantante. Si passa poi al pezzo forse più violento e diretto dell'album, I am a legend/out of blood, dove liriche graffianti e dirette ad una ipotetica vittima (I will getto you/and take you down/tear your insides out/crush your soul) si mischiano alla linea di batteria più trash dell'album. Skeleton Dance è forse la traccia più "friendly" del disco, che mischia anche un po di scratches (misurati eh) e un po' di tastiere post-apocalittiche (ormai la macchina del giudizio ha fatto il suo corso). La bellissima strumentale Hybrids of Steel è un gioiello compositivo dove l'anima melodic-death dei chitarristi viene fuori in tutta la sua forza: questi due capelloni hanno ascoltato malmsteem a ripetizione e lo hanno portato alle estreme conseguenze. Le ultime tre tracce (Mechanic God Creation, Machtkampf e Slaves of Yesterday) non fanno che confermare e chiudere uno dei dischi metal migliori del 2005, che ogni death-trash metalist dovrebbe possedere nella propria nera cdteca!