BRIAN WILSON - SMILE

Ogni opera è il prodotto di tutte le opere mai create prima. Ottobre del 1996: dopo l'uscita di Pet Sounds e il successo del singolo Good vibrations, Brian Wilson (compositore dei Beach Boys) annuncia la "sinfonia adolescenziale rivolta a Dio" come prossimo lavoro del gruppo. L'opera, con il passare dei mesi, prende risvolti sempre più concreti, ma anche più folli. Il geniale autore, con i testi di Van Dyke Parks, dà avvio a un progetto ambiziosissimo, capace di reggere il confronto ai capolavori dei Beatles, di stabilire una nuova via per il pop al cospetto di fenomeni come la psichedelia. La strada già inziiata col capolavoro Pet Sounds continua verso nuovi lidi, ancora più sorprendenti. L'album diventa solo un mezzo per il contenimento di una vera e propria sinfonia classica, con temi nuovi e grande respiro. Ma tutto non va come dovrebbe. Le pressioni verso un già emotivamente instabile Wilson, la mancata collaborazione di Mike Love, la droga, la depressione, rendono il progetto sempre più impossibile e folle. "Smile", questo il titolo del disco, si distrugge giorno dopo giorno nel processo autodistruttivo di Brian Wilson, fino al 6 maggio del 1967. Derek Taylor, in conferenza stampa, quel giorno annuncia la fine del progetto. Smile non uscirà mai. Ma la casa discografica vuole la sua parte e nel settembre esce Smiley Smile, nuovo album dei Beach Boys che è solo una pallida copia raffazzonata e presentata alla meno peggio di quello che doveva essere il progetto originale. Brani come "Heroes and villains" e "Wonderful" sono discontinui e hanno qualità sonora decisamente scarsa, senza un minimo lavoro di produzione. "Surf's up" esce solo nel 1971 e ha una sorte migliore, presentandosi come title track di un buon album. Ma non è possibile cancellare un album con un colpo di spugna, specialmente se questo si è presentato come qualcosa di grandioso. Anno dopo anno escono dischi di sessioni di registrazione, bootleg, materiale provvisorio, cofanetti che contengono inediti del periodo e che magari sarebbero finiti in Smile. E' la fortuna di pirateria e case discografiche sempre pronte a puntare sul fenomeno anche dopo 30 anni. Brian Wilson nel frattempo tenta di curarsi, cercando di recuperare almeno parte della sua sanità mentale. Nel 1976 torna a collaborare con i Beach Boys con l'album 15 Big Ones, come membro attivo del gruppo. Nel 1988 intraprende la carriera solista e la collaborazione con Van Dyke Parks (con l'album Orange Crate Art) e continua con i Beach Boys fino al 1996. Il nuovo millennio è un nuovo inizio: il tour di Imagination (uscito nel 1998) e la ripresentazione di Pet Sounds sono il suo ritorno a una forma ben più partecipata della musica, dopo anni di isolamento e lavoro di composizione. L'album Gettin' in over my head esce nel 2004 ed è il preludio per Smile. La ferita ancora aperta, la questione in sospeso tra Brian Wilson e la musica deve trovare una fine. Già a febbraio il compositore e la sua band suonano una versione dell'album. Nel settembre 2004, 37 anni dopo Smiley Smile, l'album esce finalmente in tutti i negozi di dischi. In copertina campeggia un sole giallo, colori chiari per un futuro luminoso. C'è anche (tra autore e titolo) la scritta "presents", per ricordare come fosse sempre quel progetto. La forma sinfonica rimane, con 3 ideali movimenti (la prima sui temi di Heroes and Villains, la seconda con Surf's up, la terza un ritorno del primo tema con la chiusura di Good Vibrations). Lo stile è intatto, tanto da sembrare "vecchio" a molti. Il 60enne Wilson canta di nuovo con i suoi musicisti e fa un lavoro fin troppo preciso di produzione. Le 17 tracce si perdono in una quarantina di minuti, con facilità impressionante. E' un capolavoro di easy listening applicato a una composizione geniale, che non perde il proprio fascino anche dopo gli anni, come una sinfonia di Mozart o la Rapsodia in Blu di Gershwin. Non è possibile pensare che Smile di Brain Wilson sia lo stesso Smile del 1967. L'enorme quantità di bootleg, con i loro ordini, le loro teorie, 40 anni di storia passati, non possono non avere lasciato segni nella mente di Brian Wilson. La "sinfonia adolescenziale" diventa una sinfonia ben più adulta e consapevole, con molte parti (come la suite sugli elementi) che si sono perse per strada. Ma rimane uno dei migliori album del decennio appena trascorso. E soprattutto rimane la riappacifazione di un dr. Frankenstein con la sua creatura.