FRANCO BATTIATO - POLLUTION

Un balletto, violini rassicuranti in un walzer ottocentesco. Quanto può durare tutto ciò in un disco di Battiato risalente al lontano 1972? Dopo Fetus infatti (capolavoro praticamente indiscusso della musica sperimentale made in italy), il cammino tra elettronica, progressive e cacofonia prosegue per l'artista di catania, con un secondo album, Pollution, al quale ne seguiranno diversi altri, fino al 1979. Quindi 37 secondi è la parte più rassicurante di Pollution (la prima canzone: Il silenzio del rumore), poi parte la voce del cantautore, con frasi che sicuramente non brillano per la chiarezza "Non hai forza per tentare di cambiare il tuo avvenire, per paura di scoprire libertà che non vuoi avere...ti sei mai chiesto quale funzione hai?" Svolta rock per il brano, con chitarra elettrica e organo. E se i 20 secondi di 31 dicembre 1999- ore 9 passano in fretta, senza lasciare grandi segni del loro passaggio, c'è da ricordare il brano Areknames (che verrà riproposto in Clic, in versione riarrangiata col titolo No U Turn, in diversi tour rockeggianti e con l'aggiunta di testo in latino). Brano elettronico, ruvido e sperimentale a malapena ascoltabile. Il testo è una sorta di italiano al contrario (Areknames può benissimo diventare se mancherà), con molteplici interpretazioni. C'è anche Beta, che ricorda e omaggia la casta del romanzo di Aldous Huxley "Il mondo nuovo" (a cui il disco è dedicato), appunto dei Beta, una sorta di borghesia piuttosto potente. La musica è sempre elettronica e dominata da voci quasi spettrali, buonissima l'idea comunque del pianoforte, che sicuramente è di conforto. Conclude il trittico Plancton, che si avvale anche di una chitarra acustica tutt'altro che protagonista e di un finale che ricorda la musica popolare, ovviamente distorta. Quasi 9 minuti per l'elettronica trascinata e decadente di Pollution, si parla di condotti e di portata di un liquido, prima della parte più veloce del brano, in cui collaborano rock progressivo e sintetizzatori. Si chiude parlando di atomi, su chitarra acustica dal bizzarro effetto "subacqueo". Ma alla fine la domanda ritorna: Ti sei mai chiesto quale funzione hai? Con l'omonimo brano, elettronica quasi kraftwerkiana (ma non quella leggera e rassicurante) e un pianto a dirotto, forse a causa della risposta alla domanda. Album sicuramente poco convenzionale, eccentrico e per nulla leggero, merita comunque un ascolto. Più godibili Il silenzio del rumore e Areknames.