GARBO - FUORI PER SEMPRE
Ho più volte parlato del fatto che dal 1988 in poi Garbo entra in un vuoto di popolarità impressionante, da cui uscirà solo con Blu, nel 2002 e il discretto risultato di Giallo elettrico, nel 2005.
Ascoltando Fuori per sempre, album del 1995 per l'etichetta indipendente Discipline, è facile intuire perchè.
Gli anni '80 sono finiti da ben 6 anni, smantellando gran parte della musica di successo del decennio, specie chi esordì proprio con la new wave. Rimangono praticamente due scelte: cambiare o vivacchiare.
Siamo onesti: Garbo a cambiare c'ha provato, ma con 1.6.2. (uscito per la Kindergarten) è chiaro che non era la sua strada. C'ha anche ritentato, con Macchine nei fiori (unico album che non ho, quindi figuriamoci il fiasco) e le rivisitazioni dei suoi successi precedenti.
Fuori per sempre quindi è chiaramente un ritorno alle origini, in un sound anni '80 e completamente perso nel contesto della metà del 1995.
Certo, i testi sono buoni, le musiche anche, ma appare tutto vecchio sin dall'origine, con risultati sicuramente decenti, ma assolutamente inutili.
Si fanno ricordare comunque Siviglia, una delle poche luci di originalità, omaggio alla città spagnola e ai suoi ritmi, la splendida Australia (che merita veramente molto, peccato per la collocazione), altro omaggio stavolta alla natura dell'unico vero paese capace ancora di far sognare senza pensare troppo alla realtà. Il ritmo è coinvolgente, l'interpretazione è forse la migliore di Garbo da moltissimi anni a questa parte ed E' un paradiso, apertura speranzosa.
Il resto va da cover impietose (I ragazzi italiani, Due foglie di settembre, versione italianizzata del successo di Billy Idol Eyes without a face), momenti nostalgici (Fuori per sempre, Vent'anni) e bruttezze vere e proprie, come Fabbriche d'amore in Baviera.
Solo con Up the line, album completamente diverso e quasi totalmente strumentale e soprattutto Grandi giorni (il primo a percorrere vie nuove e attuali) Garbo potrà tornare a far parlare di sè.