GIORGIO GABER - ANNI AFFOLLATI

Gli anni '70 hanno lasciato profondi segni nella coscienza italiana, nel modo di intendere la politica, la società, l'individuo, l'impegno. Giorgio Gaber non fa eccezione anzi, negli anni '70 inizia la sua opera di teatro canzone, di suggerire temi e riflessioni, tra monologhi e canzoni, tra risate e sgomento. Nel profondo mutamento del cantautore milanese iniziato con Libertà obbligatoria del 1976, continuato, svelando tutto il distacco dalle correnti di pensiero, dalle dottrine politiche, dalle etichette, con Polli d'allevamento, il finale avviene con Anni affollati, stagione teatrale '81-'82. Gaber per ripartire serenamente, dopo le contestazioni e il faticosissimo tour di Polli d'allevamento, deve guardarsi indietro, proprio a quegli Anni affollati e con il quale inizia lo spettacolo, con una sensazione di sollievo, ma anche di disgusto per la fine di tutte le illusioni di quello che sembrava "un inarrestabile processo rivoluzionario sul piano delle coscienze". Si inizia così, con la title track, uno dei più grandi capolavori di Gaber, anche dal punto di vista musicale. Il linguaggio poi diventa duro, polemico, nelle due invettive principali, dominate dalla figura di Dio. '1981' ne racconta il "definitivo e ricorrente funerale", interrogandosi sul ruolo della religione, dello slancio della fede, di un Dio che c'è ancora, non è morto per niente. La seconda è probabilmente una delle canzoni più conosciute e travagliate di Gaber, "Io se fossi Dio", praticamente un monologo su base, passata sotto la censura e sotto diverse versioni (una è contenuta nella summa "Il teatro canzone"), aggiornata e adattata. La migliore rimane quella iniziale, quasi 15 minuti di invettiva sulla politica, le concezioni più aberranti di giornalismo, senza rispetto di colore politico, sia per quanto successo negli anni affollati, ma anche della contemporaneità,con l'ascesa del Partito Socialista. Ma le trombe del Giudizio Universale di Gaber suonano anche, come si preoccupa di sottolineare, per l'altra faccia della medaglia: il terrorismo. Gli anni di piombo sono finiti da poco, e lo sguardo verso il recente passato comincia a distaccarsi, vedendo la verità oltre il mito, la storia dietro la commemorazione: è il caso di Aldo Moro. Io se fossi Dio è uno dei brani più controversi e caratteristici di Gaber, che mostra tutta la propria ispirazione, la propria onestà. Ma Anni affollati non ha solo dalla sua parte la polemica (che sfocia anche nel monologo Il porcellino, L'ultimo uomo), ma ha anche sinceri momenti di riflessione, a tratti di pura poesia. E' il caso della storia ospedaliera di Gildo, con questa presenza da compagno di stanza, che hanno più o meno fatto tutti. Con Il dilemma si va a scavare nell'amore, nel suicidio, in uno dei manifesti dell'ultimo periodo di Gaber (che rieseguirà il brano diverse volte, anche il televisione), più disincantato, quasi raffreddato, dopo lo slancio emotivo e quello polemico. Anni affollati ci lascia momenti di sconforto, ma come Polli d'allevamento può aprirsi alla speranza, ne L'illogica allegria, perchè a volte può bastare davvero il piccolo bagliore, il paesaggio, qualsiasi cosa per stare bene, nonostante tutto, quasi con vergogna.