PET SHOP BOYS - POP ART

Dagli U2 ai Village People, le due cover presenti in questa antologia dei Pet Shop Boys, storico duo della musica pop possono ben rappresentare l'immaginario che questo gruppo ha creato in circa 20 anni di vita. Where the streets have no name è infatti completamente stravolta, portata da brano di punta di un gruppo rock (almeno fino a quando aveva qualcosa da dire) a dance pura e neanche troppo buona. Mentre Go West è chiaramente una festa per il già leggerissimo della banda di YMCA, senza alcuna pretesta di impegno. C'è quindi un piacere verso la leggerezza percorribile in tutti i 17 anni rappresentati da questo Pop Art (dal 1986 di West End girls al 2003 di Release), un gusto per il pop puro e semplice, con spesso ottimi risultati. Domina comunque incontrastata l'elettronica, a volte più semplice e diretta (Suburbia e tutti i brani degli anni '80, compresi capolavori come What have I done to reserve this, West End girls o It's a sin), a volte più elaborata e contaminata da influenze più acustiche (in particolare gli album, come Bilingual da cui è tratta Se a vida è o l'ultimo Release, il più artigianale in assoluto). Un viaggio sintetico, in cui tutto suona pulito, a volte fin troppo, preciso, ascoltare Left to my own devices per credere, a volte invece puntante dritto al cuore e ai sentimenti, con i brani degli anni '90, a partire dal capolavoro Being boring (vedi recensione di Behaviour) fino ad arrivare a A red letter day. Dall'esordio con West End girls, brano passato alla storia per innovazione e semplicità, all'ultimo capitolo, per allora, I get along. Album che non dovrebbe mai mancare per i cultori della buona musica, se proprio non digerite i 2 cd di questo (che soprattutto negli anni '90 non regalano grandi emozioni) recuperatevi quanto meno Discography (dal 196 al 1991), necessario.