SIMPLE MINDS - Life in a day




Da vero fan(atico) dei Simple Minds in questa periodo di recensioni dedicate allo sperimentale fine '70-inizi '80 non può mancare la triade iniziale del gruppo scozzese. Un terzetto di album composto da: Life in a day (1979) Real to real cacophony (1979) Empires and dance (1980). Andiamo con ordine, partendo quindi dal 1°, l'album d'esordio di Jim Kerr e soci. Il post punk, appena nato, saturizza tutte le canzoni e tutte le musiche, lasciando poco spazio ad alcuni tocchi più dark, all'elettronica e al kraut rock. Lo possiamo subito percepire in Someone, poco impegnata ma divertente, dove possiamo sentire un Jim Kerr sbarbatello, lontano dal vocione degli album successivi. Parte poi la title track (uno dei brani migliori di tutto il disco), con una sequenza di synth, di circa un minuto. Sequenza che va a chiudersi con l'entrata in gioco di voce e chitarra elettrica, tornando ancora una volta al punk. I vocalizzi, per un cantante esordiente, sono spettacolari. Tornando però a brani più semplici ecco Sad affair, che prelude a una sequenza più oscura (che la farà poi da padrone nei due album successivi e soprattutto nell'ultimo) con All for you e Pleasantly Distrubed. Quest'ultimo è una lunga (8 minuti di durata) raccolta di sonorità dark, completate con una chitarra elettrica dai risvolti tutt'altro che benevoli, qualche fiato, strumenti a corda tiratissimi, una voce "narrante" acida di atmosfere notturne. Tutto questo per una buona metà, per poi prendere il via a un ritmo più veloce, più punk, superbamente descritto da tutti gli strumenti, ritrovando la luce in una sequenza notturna. Luci stradali, streetlight. Fino ad un minuto dalla conclusione, di nuovo oscura. Dopo un brano come questo bisogna riprendersi ed ecco No cure, ritmata e ammiccante, Chelsea girl (altro grande pezzo), dove si senton anche ottime tastiere di contorno, la bella Wasteland (antecedente al 1979, proveniente dai primi esperimenti dei Simple Minds). Si finisce con Murder story, ouverture finale di tutto l'album, sempre più veloce e scoppiettante, un effetto un po' vecchiotto ma di stile, almeno per un primo album. In definitiva si sente che sono i primi vagiti dei Simple Minds, che riescono a creare un bell'album. Ma l'inesperienza sarà pronta a giocare tiri come la monotonia di un album pieno degli stessi suoni, la voce troppo acida. Gli scozzesi sapranno fare sempre meglio,almeno fino al 1982 , ma anche questo Life in a day non è per niente male.

Duck Luca