SIMPLE MINDS - GRAFFITI SOUL

La prima conclusione da trarre da questo nuovo album Graffiti Soul, uscito a maggio 2009 a 4 anni dall'ultimo, è rivalutare Cry. E' infatti confermato il periodo di crisi creativa che dura ormai da una decina d'anni per il gruppo scozzese, che non riesce a trovare una via di fuga neanche per l'anniversario del trentennale. Cry, uscito nel 2001, è quindi da rivalutare in quanto unica opera brillante dal 1995. Per quanto riguarda Graffiti Soul siamo di fronte a una riedizione di Black & White, con i soliti riff di chitarra, la solita voce di Jim Kerr, la solita presenza di elettronica a completare il tutto e la solita assenza di canzoni che si fanno ricordare volentieri. Tutto questo è contrario alle aspettative di reunion, di ripresa della creatività, che si erano create attorno a questo nuovo lavoro. La risoluzione è stata il puntare sul rock, realizzare anche un disco di cover (che non ho ancora sentito), ma senza trovare assolutamente, al contrario dei REM, qualcosa di veramente buono. Nei 10 brani di Graffiti Soul non salviamo molto, merita assolutamente l'apertura di Moscow Underground che, come accaduto per Stay Visible in Black & White, si mette in luce per l'atmosfera plumbea, gli arrangiamenti azzeccati e la solita voce, che torna a toccare ottimi livelli nell'interpretazione, sommessa. Il nuovo singolo Rockets prende molto da Home, conservandone i difetti, menzione va anche per Stars will lead the way, che ha il pregio di essere un'onesta canzone rock. Del resto salviamo Blood Type 0, che presenta maggiore distorsione e ricerca di qualche particolarità, come accaduto nell'album fantasma Our secrets are the same. Decisamente troppo poco per quelli che vengono definiti "i brontosauri del pop rock". Consola il fatto che il gruppo dal vivo riesca a mantenere un grande appeal, presentando però gran parte del repertorio classico, come l'intero New Gold Dream.