SUPERTRAMP - BREAKFAST IN AMERICA

Supertramp: la transizione tra il progressive e il pop. Abbiamo raccontato il primo atto nella recensione di Crime of the century, ora ne illustriamo l'ultimo: Breakfast in America. Leggendario album del 1979, è sicuramente uno dei punti più importanti raggiunti dalla musica leggera internazionale, dando vita a un album sofisticato, ordinato, mai banale e soprattutto ascoltabile. Negli anni del punk, dell'elettronica, dei primi singulti new wave i Supertramp non si lasciano trascinare nella sperimentazione, vanno avanti nella loro strada di perfezionamento, con un grande risultato. La prima parte può partire con Gone Hollywood, in cui il falsetto, il piano, la chitarra e il sax giostrano su un ritmo semplice di media velocità, andare avanti con singoli del calibro di The Logical Song, in cui i richiami agli anni d'oro di Gershwin si uniscono alla musica popolare, a un'espressiva voce femminile e a qualche gioco melodico, Breakfast in America (anch'essa consegnata alla storia) torna su questi passi, in poco più di 2 minuti e mezzo da singolo che non spacca le classifiche, ma le colpisce. Ma anche la degna continuazione di Hide in your shell: Just another nervous wreck, dotato, un crescendo vertiginoso soprattutto nella parte vocale, quasi un inno. Il resto però guai a dimenticarlo: basti pensare alla perfetta introduzione di Take the long way home, quasi country, e il progressivo avvicinamento al pop più scanzonato, con falsetti e un'unione tra strumenti alla Steely Dan. Così anche la splendida ballata Lord is it mine (un po' Abba un po' lento anni '80). Quasi da copione la chiusura del capolavoro è data a un brano di oltre 7 minuti non strumentale ma comunque dominato dal ritmo, dall'intrufolarsi del pianoforte e dal finale quasi jazz, come di consueto. Breakfast in America è un album che ha lasciato il segno nel modo migliore: senza sconvolgimenti, azzardi, alchimie, semplicemente con la creazione di ottima musica.