THE SONNETS - WESTERN HARBOUR BLUE

I primi 5 secondi sono terrificanti, pare di essere capitati in una registrazione di C'è posta per te, ma poi fortunatamente le cose migliorano. Western harbour blue è il primo album della solita formazione svedese che viene fuori con un disco pop di discreta fattura: questa volta è il turno dei The Sonnets. C'è da dire una cosa: diversamente da quintali di album indie scandinavi, questo ha sicuramente un respiro diverso e molto più classico, con una musica all'acqua di rose per passare una mezz'oretta piacevole e fermarsi lì. Non ci sono esperimenti o le solite misure lo-fi o acustiche, che alla lunga han stancato, qui si riparte dalle basi: pianoforte, batteria, chitarre e qualche violino, come nei Culture Club (ma non che fosse difficile superarli). Di fronte a un disco come questo non si possono scomodare formazioni molto più evolute come i Prefab Sprout o i China Crisis, ma appunto limitarsi ai Culture Club o a qualche band che ha avuto successo negli ultimi anni con una formula simile (mi vengono in mente i Kings of convenience). Qua non troviamo la ricerca del pop perfetto di Paddy McAloon o la produzione di Walter Becker, è un disco meno ambizioso e sicuramente risente del debutto di una formazione giovane. Una volta messi i paletti e i difetti, ciò non toglie che Western harbour blue abbia dei lati positivi: Sebastian said è un bel collage delicato con un ritmo meno scontato di quello che sembri, The blue train avrebbe le carte in regola per sfondare classifiche, con un nome altisonante e un produttore esperto. Il disco è semplice ma non scontato (Lost without you ever since sorprende anche per la durata esatta, senza incedere in ripetizioni o variazioni, ormai un male della musica), pronto a essere consumato senza annoiarsi. Se proprio vogliamo fare le pulci a questi Sonnets possiamo anche dire che il cantante non è granchè, ma non si può essere del tutto sicuri che le cose cambierebbero molto con uno più dotato, data la musica che viene proposta (e poi non è che Donald Fagen avesse questa grande voce, ma ci stava a pennello negli Steely Dan). Western harbour blue non è uno dei must del 2010, ma non ci si può lamentare di uscite come queste.