BRIAN WILSON - BRIAN WILSON REIMAGINES GERSHWIN

Esce il 6 settembre ma in tutta Europa è disponibile da un mese, si tratta di Brian Wilson reimagines Gershwin, nuova fatica (anche questa molto sentita) del maestro californiano. Il rapporto Wilson-Gershwin infatti è quello di allievo-maestro per certi versi, con la musica del compositore entrata nelle corde dell'ex leader dei Beach Boys, con influenze visibili nelle opere pop. Ma mi piace immaginare un Gershwin che impara qualcosa anche da questo disco, come una retroazione, perchè Wilson si cimenta in uno dei compiti più classici e proprio per questo più difficili della storia della musica dal dopoguerra: la rilettura di brani da Porgy and Bess, da Shall We Dance, di I got rhythm del primo mattatore di Broadway. Una scaletta che non può non piacere per il carattere storico delle canzoni, che comprende anche due "inediti": The like in I love you e Nothing but love, tratte da appunti di Gershwin e quindi completate. Non si tratta fortunatamente di pure esecuzioni, ma di vere e proprie riletture nello stile di Brian Wilson, con i cori presenti fin dai tempi di Beach Boys, con l'orchestra sì ma anche con inaspettate sonorità popolari (I got plenty o'nuttin, da Porgy and Bess). Brani fatti e rifatti come It ain't necessarily so e Summertime si arricchiscono della voce di Wilson e di una resa ottimale delle origini jazz dell'opera. La prima in particolare si staglia in una nuova dimensione perfettamente pop, con echi di armoniche, un basso vibrante a creare l'atmosfera giusta per una canzone cinica. La seconda parte del disco lascia perdere Porgy and Bess per addentrarsi nelle altre opere del maestro, come They can't take that away from me dal film Shall we dance, un sincopato fox trot che lascia la classe della coppia Armstong-Fitzgerald per abbracciare sonorità e ritmi ben più simili a Pet sounds. Scandite da richiami alla Rapsodia in blu (di cui due estratti, come nel precedente album That lucky old sun, racchiudono il disco) si snocciolano I got rhytm e Someone to watch over me, con la prima entrata nella storia della musica americana, per rivivere qui con un tocco quasi anni '50, per ballerini acrobatici. In un pantheon di pezzi indimenticabili, è chiaro che i due inediti risultano svantaggiati, tuttavia The like in I love you e Nothing but love riescono a trovare una dimensione loro, come piccolo contributo dell'allievo Brian Wilson a uno dei più grandi compositori mondiali, non stonando nel contesto (la dolcezza della prima a precedere Summertime, la firma in calce della California per la seconda). Le premesse per un grandissimo disco c'erano tutte, le aspettative non vengono deluse. Uno dei dischi must per il 2010.