UNDERWORLD - BARKING

Controllate le copertine degli Underworld. I dischi non si giudicano da lì ma da qualche parte si deve pur partire, e l'occhio vuole la sua parte. Controllate i colori: il bianco e nero di Dubnobasswithmyheadman, quel tocco di blu sul fondo grigio nebbia di Second toughest in the infants o quel blu mare di Beacoup fish, ma anche il bianco della raccolta 1992-2002 su sfondo nerissimo. Perfino l'ultimo, Oblivion with bells, è solo bianco e nero. Ora prendete in mano Barking, ultimo disco e datato settembre 2010 e fate un confronto. Eccezionalmente posto la copertina prima:

Il salto è impressionante, come tra gli Underworld degli anni '90 e quelli di questo ultimo album. Un gruppo che ha fatto la storia dell'elettronica, simboleggiando la techno con l'ormai classico Born slippy, non può che rinnovarsi dopo un certo periodo di tempo. Chi non lo fa è inadeguato, anacronistico, oppure più semplicemente morto. Il cambio degli Underworld non è probabilmente manifesto, quanto sotterraneo. Le sonorità, bene o male, sono quelle, lo stile più o meno pure. Cosa cambia? Cambia il respiro. Questo Barking è un disco pop suonato come se fosse techno. Le atmosfere ossessive che hanno dominato e regalato capolavori degli Underworld anni '90 (Push upstairs, Mmm Skyscraper I love you) non sono rintracciabili ora. Non c'è brano che superi i 7 minuti (quando Cups arrivava a 12, Skyscraper a 13, alcuni medley fino a 16), quasi una riscoperta della forma canzone, se la cosa non suonasse esagerata. Barking è un disco ballabile, con pezzi di qualità sopraffina, a cominciare dal terzetto iniziale: Bird 1, Always loved a film e Scribble (6.58, quasi sforavano). Con momenti che possono far venire in mente Moby (quella in Grace sembra quasi la sua voce, mamma mia), con concessioni a segmenti decisamente leggeri come Diamond jigsaw e Moon in water, che potrebbe essere degli Air. Elettronica sì, ma con un respiro meno di nicchia, per palati onnivori. Una delle sorprese del 2010, confezionata da ormai vecchi maestri.