SIMPLE MINDS - Neapolis


Gli anni '80 sono finiti ma alcuni dei miti di questo periodo sono rimasti vivi e produttivi anche per gli anni a venire. I Simple Minds fanno parte anche loro di questo gruppo e con tre album negli anni '90 e uno pubblicato quest'anno. Quello di cui vi parlo oggi è uscito nell'ormai passato 1998 si intitola Neapolis. Dicevamo di Blach & White 050505 che il gruppo era uscito dai complicati meccanismi elettronici per produrre qualcosa di più immediato e un rock più classico; con Neapolis siamo invece nel pieno delle complesse evoluzioni elettroniche, questo ne fa un disco pieno di stile e di fascino. Le chitarre acustiche rimaneggiate aprono l'album in Song of the tribes, pezzo che suona quasi latino ma sviluppato con cori elettronici quasi tribali ( ) su sottofondo scorrono i preziosi arricchimenti che contraddiscono il gruppo di Jim Kerr. Ancora meglio è la seguente Glitterball, brano simbolo dell'album, la descrizione è semplice, un inizio accennato e totalmente elettronico, l'aggiunta di batteria e chitarre elettriche e altro "materiale" alla base e la voce del solista. La magia del brano è assicurata e affascina anche dopo molti ascolti. La bellezza si ripete con il più melodico ma egualmente prezioso War babies, che ci mostra finalmente anche qualche chitarra elettrica. E' un brano tipico del gruppo, forse quasi ispirato a loro stessi ma non potevano copiare meglio! La stupenda musica prosegue con Tears for a guy, che mostra una partenza da capolavoro, purtroppo cala l'atmosfera nella parte centrale ma riesce ugualmente a catturare l'ascoltatore. Interrompe un quartetto musicale formibale Superman vs Supersoul, che non ha niente di speciale e sembra più qualcosa di contorno. Anche Lithing non stupisce più di tanto ma il ritmo inclazante agevola l'ascolto e la rende almeno gradevole. La magia finalmente riprende con la sognante If I had wings, ci si è ormai abituati allo scorrimento di effetti elettronici in sottofondo ma in questo brano c'è un tripudio di tutto questo, non fa altro che migliorare il complesso però. Anche Killing Andy Warhol ne contiene parecchi ma da ricordare c'è solo il finale. Il rock che sarebbe tornato in Blachk & White è presentato sbrigativamente in Androginy, brano senza una parola ma che conclude alla meglio un album di spicco tra il panorama del gruppo e dell'elettronica.