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STORIA DEL NAZIONALISMO E DELL'AUTONOMISMO IN SICILIA
di
Lillo Aquila

Lezione 1: Nazionalismo del “Regnu” Siciliano

Quando gli arabi vennero scacciati dalla sicilia dai normanni di Ruggero d’Altavilla, l’isola sicula costituiva ormai un entità unica anche se variopinta dalla fusioni di diverse culture tra cui quella bizantina e araba portarono il maggiore apporto.
Ruggero giunse in Sicilia e fondò quello che per i Siciliani fu il regno di Sicilia, nato dalla fusione della cultura arabo-bizantina, “u regnu di Sicilia”, il potente regno che poté inviare sei galere alla battaglia di Lepanto.
Ma quando poi anche questa dinastia decadde, quando poi da Costanza d’Altavilla, passò a Enrico di Svevia, anche in questo caso il regnu siciliano fu forte unito e cercò di resistere a questo rozzo germanico.
Ma quando arrivò il figlio, o Re Federico II di Svevia che amava la terra di Sicilia, allora i siciliani amarono il re germanico.
E anche quando lasciò a Manfredi il regno fu fedele fino alla dissoluzione del regnu siciliano.
Ma a quel punto si era creato un popolo e quando gli odiati francesi discesero dalla Francia il tutto fu vissuto come una occupazione.
Come disse Fisher « la splendida civiltà della Sicilia normanna, gloria d’Europa, fu distrutta dalla tirannide francese di Carlo d’Angiò, tirannide così odiosa e invadente che provocò la terribile insurrezione nota sotto il nome di Vespro Siciliano (30 Marzo 1282), e più tardi la secessione dell’isola dal regno francese di Napoli e la progressiva decadenza della sua importanza politica».
Fu una lotta contro i francesi Angioni, una lotta contro qualunque nemico della Sicilia, compresa la Santa Sede se si fosse messa contro come all’epoca di Federico II, quando la Sicilia rimase fedele al suo Re anche se scomunicato.
Il 1282 i Palermitani inviano una lettera ai Messinesi, dove mostrano la loro rabbia per essere come pecore senza guida, e chiedo alla storica rivale Messina di unirsi in una rivolta contro gli esasperanti francesi.
Come dice Santi Correnti la rivolta del Vespro Siciliano fu un evento di ripercussioni internazionali, in quando segnò il tramonto politico del papato, delle sue scomuniche e delle sue crociate, segnò la fine della dinastia Angioina, arrivata fino a Gerusalemme, fu l’inizio dell’espansionismo aragonese e catalano, la frattura del regno meridionale del sud Italia, fu l’inizio dell’apertura commerciale nel mediterraneo, fu la dimostrazione della crisi dell’Impero Bizantino, fu l’inizio di un lungo processo a catena, dove si affermava per la prima volta l’autodeterminazione di una nazione (siamo ancora nel 1282, medioevo!).
Insomma si affermò per sempre l’identità di una nazione con il Vespro, la nazione siciliana.
L’idea del Regnu, del mitico regno messianico di Sicilia, si creò allora definitivamente, suggellandosi nelle mente sicule per sempre.
Il Vespro Siciliano fu un massacro, fu la prima vera rivoluzione della storia, spazzando dalla Trinacria tutti i francesi, con la lunga e difficile “Guerra dei Novant’anni”, spezzata solo per un po’ dal trattato di Caltabellotta (1302), iniziata nel 1282 e finita con il trattato di Avignone nel 1372, in cui il popolo siciliano cacciò in una rivoluzione gli occupatori angioni e il burattinaio Pontefice, con l’arrivo di Pietro III e di suo figlio Federico III che diverrà Re di Trinacria.
Gli aragonese dunque furono chiamati dai Sicilia che volevano essere aiutati dai discendenti di Costanza di Svevia, figlia di Manfredi, in una sorta di discendenza reale alla corona sicula, riaffermando il nazionalismo e la fedeltà al Regnu Siculo.
Dunque alla fine la vittoria della terribile guerra dei Novant’anni natta da quel famoso Vespro Siciliano, fu solo del popolo siciliano, per quando effimera.
Interessante fu la cosiddetta Voluntas Sicolorum, espressa dal Parlamento Siciliano (il più antico d’Europa per la verità, anche dell’Inghilterra), dichiarando di essere disposto anche a fare guerra a Giacomo II di Aragona, quando quest’ultimo in cambio del riconoscimento papale alla corona aragonese voleva ridare la Sicilia agli Angiò, annullando così di netto il Vespro.
La Voluntas Sicolorum fu forte e fece si che si creasse il regno di Trinacria affidato a Re Federico III (un ghibellino) a cui succedettero Pietro IV, Ludovico e l’inetto Federico IV (un inetto in mano alle potenti famigli siciliane), dove il forte regno siciliano aveva dimostrato nuovamente di essere la parte più forte dispetto a Napoli che aveva bisogna dell’isola per essere forte.
Poi arrivò al trono Martino I, a cui succedette, dopo la sua morte avvenuta in una spedizione militare in Sardegna, il padre (caso rarissimo!) Martino II.
A questo punto però cadde la volontà siciliana e per una legge andò al governo Ferdinando di Castiglia e si aprì il periodo dei Vicerè, scelta obbligata per evitare che i nazionalisti siciliani si sentissero occupati.
Ma anche se a quel punto si chiudeva la fine del regno indipendentista Siciliano correndo l’anno 1412, ma ormai nello spirito Siciliano era saldato che il Regnu Siciliano era l’unica patria a cui dovevano qualcosa, non il Papa, non l’Imperatore, ma la loro nazione, il regnu siciliano.
E quando i Borboni furono cacciati dalle truppe Napoleoniche, anche quella volta c’era il Parlamento Siciliano a rappresentare il regnu che costrinse Ferdinando a cingere la corona di Sicilia oltre a quella di Napoli, a restaurare il regnu, anche se delle Due Sicilie.
E quando il nazionalismo siciliano fu ferito gli orgogliosi siciliani invocarono l’arrivo di Garibaldi dal nord.


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